Ritiro – Il Canto del Vajra

Hong Kong, 2012
Estratto dal primo giorno, 16 maggio.

Buona giornata a tutti ovunque. Siamo a Hong Kong e il nostro ritiro sta per iniziare. Abbiamo in programma di conoscere principalmente il Canto del Vajra, che è l’essenza dell’insegnamento Dzogchen. Questo sarà l’argomento di questi giorni, quello che impareremo, e che io spiegherò .

Ci sono tre fonti dell’insegnamento Dzogchen: i tantra, i lung e gli upadesha, o mennag. Come nell’insegnamento Vajrayana ci sono tipi diversi di tantra, anche nell’insegnamento Dzogchen ce ne sono tipi diversi, i testi radice originali sono tantra Dzogchen. Ma anche se esistono molti tipi diversi di tantra, i tantra Dzogchen più importanti e originali sono diciassette. Questi sono considerati i più antichi e i primi insegnamenti Dzogchen apparsi nella dimensione umana. La radice di questi tantra si chiama Dra Thalgyur e fu insegnata da uno dei maestri di Dzogchen più antichi.

L’insegnamento Dzogchen spiega che in tempi molto antichi esistevano dodici insegnanti particolari di Dzogchen. Di questi dodici maestri il più importante e più antico si chiamava Nangwa Tampa, che insegnò e trasmise il Dra Thalgyur tantra. Inoltre, c’erano altri sedici tantra che spiegavano in modo dettagliato tutti i diversi aspetti e argomenti. In genere li consideriamo essere i tantra più importanti e originali dello Dzogchen.

Questi tantra furono trasmessi in tempi molto antichi, e con il passare del tempo date molte circostanze diverse, questi insegnamenti non rimasero. Ci sono tempi considerati illuminati ma anche periodi bui. Fu in queste epoche oscure che tutti i tipi di insegnamenti scomparvero e rimasero solo pochi insegnamenti chiamati nyengyüd. Questi nyengyüd non erano scritti nei libri e consistevano solo di poche parole. Anche al tempo di Tönpa Nangwa Tampa, in tempi molto antichi, esistevano ancora alcuni di questi nyengyüd. Nell’insegnamento Dzogchen, ad esempio, quando eseguiamo trasmissioni più elaborate del rigpai tsal wang in trasmissioni formali, usiamo questo tipo di trasmissione degli insegnamenti orali.

Tuttavia, al tempo di Guru Garab Dorje, che fu il primo e più importante insegnante della nostra epoca, i tantra Dzogchen non esistevano più; erano tutti scomparsi da questo globo. Ma poiché Garab Dorje era un’emanazione del Buddha, un essere totalmente illuminato, fu in grado di ripetere tutti i tantra più importanti. Questa “onniscienza” è la qualità di un essere illuminato perché si trova in uno stato oltre il tempo e lo spazio. Per esempio, noi siamo nel tempo e nello spazio; se c’è un muro di fronte, non possiamo andare oltre quel muro, o vedere cosa c’è dietro perché abbiamo questo tipo di condizione. Gli esseri illuminati non hanno questo problema. Quando apprendiamo scientificamente quanto tempo occorre per ricevere la luce dalle stelle nella nostra dimensione, capiamo quanto sono distanti. Questo significa che siamo limitati nello spazio. Ma gli esseri illuminati vanno oltre l’essere in quello stato e non hanno quel problema. Questo è il motivo per cui molti esseri illuminati sono stati in grado di introdurre e trasmettere insegnamenti da dimensioni diverse nella nostra dimensione.

Quando apprendiamo l’insegnamento Vajrayana scopriamo che esistono diversi tipi di manifestazioni di divinità, con forme e colori diversi ecc. Si chiamano manifestazioni sambhogakaya. Ma cosa significa sambhogakaya? Significa manifestazioni della potenzialità della nostra vera natura. Ad esempio, siamo tutti composti da cinque elementi. Ma questi cinque elementi costituiscono l’aspetto materiale; la vera natura dei cinque elementi sono i cinque colori. Sambhogakaya significa la manifestazione della dimensione pura, proprio come i cinque colori, non l’aspetto materiale. Com’è possibile? Nell’insegnamento Dzogchen c’è una spiegazione precisa.

Tutti hanno potenzialità primordiali. Queste potenzialità consistono di suono, luce e raggi, e sono chiamate le tre potenzialità primordiali. Innanzitutto, il suono si manifesta dalla vacuità. Quando parliamo di dharmakaya, la dimensione del dharmakaya è la vacuità. Nell’insegnamento Sutra è il dharmadhatu, in sanscrito dharma significa tutti i fenomeni, tutta l’esistenza, dhatu la sua reale condizione, ovverosia, la vacuità. Dharmadhatu o shunyata sono lo stesso principio. Questa è la nostra reale condizione.

La nostra condizione è lo stato di Dzogchen perché Dzogchen significa la nostra vera condizione. Lo Dzogchen non è un libro o una tradizione. I libri di Dzogchen contengono insegnamenti Dzogchen; li leggiamo e studiamo per scoprire che cosa è lo Dzogchen. Lo Dzogchen è la nostra vera natura, la nostra vera condizione, che è la vacuità. E anche se questa condizione è vacuità, ha potenzialità infinite, altrimenti se fosse solo vacuità non avrebbe valore.

Intellettualmente quando parliamo di Dzogchen diciamo che è la non dualità di kadag e lhundrub. Kadag significa puro sin dall’origine, cioè vacuità. Lhundrub significa qualità infinite, cioè lo stato auto-perfezionato. La nostra vera condizione è la non dualità di questi due. Scoprire che abbiamo l’insegnamento Dzogchen e molti testi Dzogchen. in questo caso l’insegnamento originale impartito da importanti maestri è chiamato tantra Dzogchen.

È importante sapere cosa realmente significa tantra. Potreste aver studiato e appreso la tradizione indù che utilizza i tantra indù. Anche nella tradizione buddhista Vajrayana ci sono i tantra così come nell’insegnamento Dzogchen. Ma nella tradizione Vajrayana, e in particolare nell’insegnamento Dzogchen, tantra significa anche la nostra condizione, la nostra vera natura. Il vero senso della parola, tantra, significa continuazione, senza interruzione. Come possiamo scoprirlo nella nostra vera natura?

Possiamo capirlo semplicemente osservando la nostra condizione in modo ordinario: cerchiamo di osservare i pensieri. L’insegnamento buddhista ci dice di osservare e scoprire da dove vengono i pensieri, dove sono e dove scompaiono. Questo si chiama “byung gnas grol gsum”. Vuol dire che osserviamo i pensieri uno per uno per scoprirne la fonte. I pensieri sorgono continuamente e tutti capiscono cosa sia il pensiero. Ma quando il pensiero sorge e lo osserviamo, esso scompare. Osservando il pensiero possiamo scoprirlo da soli. Nell’insegnamento, per imparare qualcosa, dovremmo applicare [un metodo] e farne esperienza in modo da comprenderla concretamente.

Quando osserviamo un pensiero, questo scompare, ma subito ne sorge un altro. Pensiamo di non poter trovare nulla perché quel pensiero è scomparso, ma anche questo è un pensiero. Osserviamo questo pensiero, ma anch’esso scompare e sorge immediatamente un altro pensiero.

Tra un pensiero e l’altro c’è anche uno spazio vuoto. A volte possiamo scoprire questo spazio vuoto, a volte no perché il pensiero sorge molto rapidamente. Tuttavia, se eseguiamo una pratica come lo shine, lo stato calmo con fissazione, quando acquisiamo familiarità con la pratica, possiamo scoprire un po’ di più lo stato calmo senza pensieri. A volte possiamo rimanere per qualche secondo senza pensieri allora sappiamo che stiamo sviluppando la nostra pratica dello shine.

Ma che cos’è questo vuoto? La vacuità e il pensiero fanno entrambi parte della nostra vera natura. Quando diciamo che la nostra vera natura è kadag e lhundrub, kadag è la vacuità in cui non c’è pensiero. Possiamo scoprirlo in modo dualistico attraverso l’esperienza della vacuità. Possiamo avere molti tipi diversi di esperienza della vacuità. Quando facciamo shine e non ci sono pensieri, possiamo continuare più a lungo in quella condizione. Significa che stiamo sperimentando e rimanendo nella vacuità. Ma dovremmo stare attenti e non considerare che questo sia il dharmakaya. Ci sono alcuni insegnanti che spiegano che questo stato è il dharmakaya. Il vuoto è un tipo di esperienza, e anche il movimento del pensiero è un tipo di esperienza. Con le esperienze possiamo scoprire la nostra vera natura e andare oltre. Ma se consideriamo che questo sia il dharmakaya non avremo quella realizzazione. Dobbiamo distinguere tra lo stato di dharmakaya e l’esperienza.

Quando impariamo l’insegnamento Dzogchen all’inizio ci sono alcune pratiche importanti chiamate rushen. Rushen significa innanzitutto separare la mente dalla natura della mente. La maggior parte delle persone vive nella propria mente. Pensiamo ad ogni cosa con la mente e anche la natura della mente è un concetto della mente. Dopo i rushen ci sono pratiche chiamate semdzin. Sem significa concetto mentale, quindi andare oltre quelli. I concetti mentali sono legati a diversi tipi di esperienza: l’esperienza della sensazione, l’esperienza della visione, l’esperienza del vuoto e così via. Non sono la condizione della nostra vera natura ma sono indispensabili per scoprire la nostra vera natura. Questo è il valore dei concetti mentali.

Se vogliamo essere nello stato dello Dzogchen dobbiamo andare oltre la mente. Se rimaniamo nei concetti mentali non potremo mai essere nello stato dello Dzogchen. Alcune persone ritengono che tutti i concetti mentali siano negativi, ma nell’insegnamento Dzogchen facciamo uso dei concetti mentali. Per fare un esempio, quando l’insegnante fa un’introduzione diretta, non c’è modo di farla se non si usano le esperienze, e le esperienze sono legate ai concetti mentali.

Quando impariamo l’insegnamento Dzogchen, è essenziale ricordare l’esempio dello specchio. Non il melong che portiamo al collo o che usiamo in modo rituale, ma qualsiasi tipo di specchio. Nelle case moderne ci sono moltissimi tipi di specchio, anche nel bagno. Abbiamo bisogno di comprendere come funziona lo specchio: che ha potenzialità infinite di manifestare qualsiasi tipo di riflesso. Che si tratti di un oggetto molto grande o piccolo, con colori o forme diverse, tutto può manifestarsi con precisione. Lo specchio non necessita di alcun programma perché ha questa potenzialità. Allo stesso modo tutti noi abbiamo questa potenzialità primordiale, proprio come la potenzialità dello specchio. Come scopriamo che lo specchio ha potenzialità infinite? Quando ce lo troviamo davanti e la nostra figura appare subito, senza alcun programma. In uno specchio possiamo vedere centinaia di cose e anche se c’è una montagna gigante, la possiamo vedere anche in uno specchio piccolo perché lo specchio ha quel tipo di potenzialità. Scopriamo questa potenzialità attraverso i riflessi. Se non ci sono riflessi nello specchio, non c’è modo di scoprirne le potenzialità.

Allo stesso modo abbiamo bisogno degli aspetti della mente. La mente pensa e giudica, a seconda dei vari tipi di contatto che gli organi di senso hanno con gli oggetti dei sensi. Le funzioni della mente, pensare e giudicare, sono concetti mentali. Quando sappiamo come utilizzarle diventano molto importanti. Così come non saremmo mai in grado di scoprire o anche vedere la potenzialità di uno specchio senza gli oggetti che si manifestano in esso, così, senza le funzioni della mente [derivanti dagli oggetti dei sensi] non saremmo in grado di scoprire come sono le nostre reali potenzialità: di suono, luce e raggi. Quando sappiamo come utilizzarle, diventano perfette e molto utili.

L’insegnamento spiega come usiamo la mente. In genere non sappiamo come funziona e diamo molta importanza a quello che stiamo pensando. Questo significa che la mente ci domina. Non siamo affatto noi che usiamo la mente, è la la mente che ci domina e per questo motivo abbiamo tanti problemi.

Nell’insegnamento impariamo che non dobbiamo essere proseliti della mente. Dobbiamo invece scoprire come funziona. Conoscere come funziona la mente è utile per avere la realizzazione e anche per scoprire la nostra vera natura. Quando sappiamo come usare la mente, allora diventiamo praticanti dello Dzogchen. Quando dipendiamo dalla mente, anche se facciamo qualche pratica, non diventeremo realizzati. Per questo motivo, nell’insegnamento Dzogchen, è essenziale andare oltre la mente e anche comprendere come funziona.

Per esempio, nell’insegnamento Dzogchen ci sono insegnamenti che sono principalmente tantra. Questo indica tantra nei quali vacuità e movimento si alternano. Nella nostra esistenza come esseri umani, abbiamo il corpo fisico e viviamo questa condizione. Quando comprendiamo che queste sono esperienza diverse, allora siamo nella nostra vera natura. Per questo motivo, nell’insegnamento Dzogchen, tantra significa qualcosa che è molto vicino e connesso alla nostra vera natura.

Oltre ai tantra, nell’insegnamento Dzogchen abbiamo anche molti testi importanti chiamati lung. In tibetano la parola lung ha molti significati. Se, ad esempio, sto spiegando qualcosa e cito alcune parole del Buddha da un Tantra o da un Sutra, questo si chiama lung e indica una citazione. Un altro significato di lung è quando diamo una sorta di permesso, in particolare per quanto riguarda i mantra. Se vogliamo praticare qualsiasi tipo di mantra dobbiamo ricevere il lung. Questo significa che chi ha ricevuto quel lung, lo ha praticato e ha prodotto il risultato, può donare il lung ad altri. Donare un lung significa recitare o leggere quel testo o mantra mentre gli altri ascoltano. Ricevono quel suono nelle loro orecchie. Questo si chiama lung ricevente e, in seguito, se si pratica quel mantra, si può produrre quella funzione. Altrimenti, anche se una persona conosce il significato del mantra, la sua funzione, il modo di praticare e addirittura pratica quel mantra per molto tempo, se non ha ricevuto la trasmissione del suono, non potrà mai produrre la sua funzione perché la funzione dei mantra è nel suono.

Alcuni importanti mantra radice si sono manifestati dal dharmakaya al sambhogakaya attraverso il suono naturale, proprio come questo Canto del Vajra che stiamo imparando. Ci sono molti di questi mantra radice nell’insegnamento Vajrayana che possiamo ricevere attraverso le iniziazioni. Quando riceviamo l’iniziazione, il maestro ci potenzia con il mantra, e quando lo pronuncia, riceviamo il lung del mantra e conosciamo anche come fare la visualizzazione. Quando facciamo quella visualizzazione e pratica, e cantiamo il mantra molte volte, riusciamo a integrare la visualizzazione nell’esistenza reale. Alla fine, nel Vajrayana questo è chiamato lo stato non duale dello stadio dello sviluppo e lo stadio della realizzazione, poi abbiamo l’attivazione dello stato della famosa Mahamudra, che significa essere totalmente oltre i concetti mentali e le limitazioni.

Non c’è differenza tra lo stato della Mahamudra e lo stato dello Dzogchen, ma questo non significa che non esistano metodi diversi per arrivarci. Nello Dzogchen si applica il metodo dell’autoliberazione, mentre nella Mahamudra si utilizza la trasformazione. La Mahamudra in realtà è l’obiettivo finale della tradizione Vajrayana nelle scuole Gelugpa, Sakyapa e altre.

Il modo in cui la Mahamudra viene presentata nella tradizione Kagyupa e in altre è leggermente diverso. Nella scuola Kagyupa, la Mahamudra è presentata principalmente come i Quattro Yoga di Gampopa ed è molto simile alle Quattro Contemplazioni dello Dzogchen. Anche per seguire questo tipo di Mahamudra è necessario ricevere l’iniziazione di Chakrasambhava o simili, perché nel Vajrayana questa viene sempre utilizzata nella fase di sviluppo e nella fase di realizzazione. Quindi il praticante progredisce dalla fase di sviluppo alla fase di realizzazione proprio come nel sistema della Mahamudra di Gampopa.

Molti credono che i Quattro Yoga di Gampopa, il metodo della Mahamudra della tradizione Kagyupa, provenga dalla tradizione indiana della Mahamudra. Ma non è il caso. In verità, esiste una Mahamudra che deriva da insegnamenti di mahasiddha come Saraha ed altri, che si chiama chagchen gyagarma, Mahamudra dell’India. Ma questi sono sempre legati allo scopo finale della trasformazione nel Vajrayana.

Il mahasiddha Virupa è molto importante nella tradizione Sakyapa perché da lui provengono le istruzioni sulle origini dell’ Hevajra tantra. Quando studiamo la sua biografia apprendiamo che all’inizio Virupa era un pandit Yogachara molto famoso. Poi divenne un praticante Vajrayana e praticò a lungo le fasi di sviluppo e di realizzazione dell’Hevajra Tantra. Alla fine raggiunse l’obiettivo finale non duale dei due stadi, che significa integrazione totale, e si manifestò come un mahasiddha. Cosa fece quando si manifestò come un mahasiddha? Fino a quel momento aveva cantato per anni e anni il mantra di Hevajra. Esistono due versioni del mantra di Hevajra, quella più lunga si chiama Ashtananaya, l’altro mantra più breve si chiama Deva Pitsug. Usò questi mantra per molto tempo e li considerò importanti per integrare le fasi di sviluppo e di realizzazione. Quando realizzò lo stato della Mahamudra gettò il suo mala nel gabinetto e si allontanò dal luogo del ritiro. Era la manifestazione di un mahasiddha realizzato.

Non esiste una storia su come si siano sviluppati i Quattro Yoga, tuttavia il metodo di Gampopa è molto speciale e simile al metodo Dzogchen. La fase di realizzazione di Gampopa spiega il primo yoga che è chiamato tsechig, che significa unica punta. Lo pratichiamo come nello shine lo stato calmo in unico punto, e realizziamo lo stato calmo.

Dopodiché c’è il secondo livello chiamato trödral che significa oltre i concetti, termine utilizzato anche nell’insegnamento del Sutra Madhyamika. Nagarjuna spiegava sempre il Madhyamika con il principio del trödral che è considerato andare, o essere, oltre qualsiasi limite. Intellettualmente è un livello molto elevato.

Il terzo livello si chiama rochig, che significa: stesso sapore. Perché si chiama stesso sapore? Quando acquisiamo conoscenza è sempre attraverso il metodo delle esperienze, come l’esperienza della chiarezza, della sensazione e anche della vacuità. Queste esperienze sono diverse: la chiarezza non è la vacuità, la sensazione non è la vacuità. Ma quando scopriamo di essere nello stato della contemplazione attraverso questo tipo di esperienze, non esistono esperienze diverse. Lo stato della contemplazione è uno e, anche se ci si arriva attraverso l’esperienza del vuoto o della sensazione, ha sempre lo stesso sapore. Questo significa avere una conoscenza reale dello stato della Mahamudra.

Il quarto livello presentato da Gampopa è gomme (sgom med), che significa oltre la meditazione. Fino a quel punto è stato necessario utilizzare una posizione, lavorare con i concetti mentali, la meditazione e così via fino a raggiungere questo stato di contemplazione. Gomme significa che la vita stessa è ora diventata meditazione. Si è sempre nello stato della Mahamudra, e realizzati.

Il modo in cui Gampopa presenta la Mahamudra è fantastico ed è diffuso in tutti i rami della tradizione Kagyupa. Tuttavia, dovremmo distinguere tra il modo in cui Gampopa lo ha presentato e il modo in cui normalmente parliamo della Mahamudra. Se volete conoscere dettagli più concreti sullo stato della Mahamudra nella tradizione Vajrayana, c’è un testo scritto da Sakyapandita.

Quando Sakyapandita era a Pechino, in quel periodo ci fu uno yogi che gli chiese cosa e come fosse lo stato della Mahamudra. Egli spiegò che seguono la tradizione Vajrayana, la via della trasformazione, e applicano i due stadi: lo stadio dello sviluppo e quello della realizzazione, integrandoli poi con la propria esistenza per arrivare a quello stato finale che è chiamato lo stato della Mahamudra. La parola “Mahamudra” è usata anche nella tradizione Gelugpa, ma in modo non così diffuso come nella tradizione Sakyapa. La conoscono ma non la usano tanto.

Nei Sakyapa usano l’espressione khorde yerme, che significa non dualità di samsara e nirvana. Quando si ha questa conoscenza, questo è lo stato della Mahamudra. Questo è come viene spiegato nell’insegnamento Lamdre della tradizione Sakyapa.

Nell’insegnamento Dzogchen abbiamo anche il lung dei testi originali, non solo il lung dei mantra. Questo significa che quando non c’è la possibilità di spiegare o di introdurre un tantra completo, ne introduciamo il punto più importante, che possono essere uno o due capitoli. Nell’insegnamento Dzogchen questo è chiamato lung.

Poi c’è la terza [fonte degli insegnamenti Dzogchen] che si chiama men-ngag. Cosa significa la parola tibetana men-ngag? Men è una negazione, ngag significa voce, quindi il significato è che non è parlato, è segreto. In tibetano si dice men-ngag, in sanscrito upadesha ed è il terzo gruppo di fonti dell’insegnamento Dzogchen, tantra, lung e men-ngag.
Tuttavia, il punto più importante dell’insegnamento Dzogchen non sono i testi, ma la conoscenza, la comprensione.

Montaggio L. Granger
Montaggio finale S. Schwarz
Traduzione italiana E. Rispoli

Download PDF